Che stranezza! Sono in una stanza enorme circondato da donne, ragazze, vecchie, nere, mulatte, albine rosse bionde colorate imbarazzate indisponenti sfrontate. Tutte desiderano me, tutte instaurano un dialogo preciso con un mio riflesso. Ragazzine vogliose che ancheggiano e dicono "fammi tua", "tu sei il primo", "baciami, baciami ovunque". C'è una bigotta che si esprime come un catino per abluzioni "oh, che simpatico!" "ma che bravo ragazzo, la tua fidanzata dev'essere molto invidiata", "caspiterina, mi farai morir dal ridere se continui così! oh oh", questa qui per la verità mi sta un po' sulla cappella sarà perché la mia parte bigotta è molto piccola a tratti inestesa. C'è poi quella bellina, timida che stranamente sottrae spazio alle altre con vigorose sbracciate. E' dolce parla piano e mi dice "…" davvero non so cosa mi dica o non voglio saperlo, voglio immaginarlo. Ce n'è poi una parecchio volgare con poppe a mò di offertorio e lo sguardo stillante perversione, ella mi riempie di allusioni e doppi sensi che di doppio in realtà nulla hanno, sembrano piuttosto un enorme senso unico verso le mie mutande. Ad un tratto si spegne la luce e sento una musica "c'è colore in ogni buco che diviene tana, in ogni foglia che diviene prato, in ogni brezza che diviene follia", subito però si spegne e loro sono tutte ancora lì a sperare che dai miei pantaloni esca un Idra infuocato e le profani visceralmente fin dentro l'anima. Tutte tranne quella timida che sta ben in vista, sembra additare altre comete lei, non vuole la tempesta, non subito. Lei è brezza. Le voglio tutte. Ma mentre parlo con una vecchia che offre doni per prestazioni sessuali una voce mi bussa alla spalla "sono pulviscolo notturno, bramosia astrale, sono desiderio e concupiscenza ma è ciò che non sono a definire il mio volto" la ignoro tirando dritto come una massaia davanti a un negozio di articoli da pesca. Non posso trascurarle, non posso non soddisfare quelle creature di carne e desiderio che bramano solo un cenno pelvico del mio corpo.

E difatti le corteggio, tutte quante secondo la loro religione e il loro credo pubico, incensando il loro amor proprio come un catetere di sandalo e verga. Sono adesso quell'Idra tanto atteso o meglio un idrante di desideri procaci, un gioco di parole, un anagramma sessuale, un tetragramma irriverente di vergogna, sono l'incarnazione del loro anelito al mio piacere. Il mio sentore è un'orgasmo random, distribuito con assoluta casualità tra la copula all'irriverente liceale e un cunnilinguo alla smaliziata signora del piano di sopra; un orgasmo multiplo come un suono corale di canne nell'organo dell'abbazia di San Severo. Le mie dita, frementi cannule di lattice, smistano piacere come fossero distributori impazziti di hashish e loro, le mie donne, ansimano e piangono incantate dall'estasi che le pervade attraverso il mio stesso piacere. Ma ancora quella voce, quel canto si fa sentire, imperante e sotteso ad un tempo. Non vorrei ascoltarlo eppure mi seduce insieme a quel volto nella folla, implume forma in quel volo di sospiri migranti. E' un monito stavolta che mi ricorda solamente il mio sembiante "nausea, livore atono, quieta condiscendenza a una lascivia lussuria, il tuo volo sono io". Quell'enigma infonde nell'aria ormonica un vago senso d'inquietudine, mi sento depauperato di un orgasmo davvero completo. D'un tratto capisco che non posso ignorare ancora a lungo, il tempo stringe come uno slip due taglie più piccolo e mi provoca più o meno un simile sapore di soffocamento e costrizione; cambia solo la testa. Ma obbediente torno al mio gineceo, riprende la frenesia, i glutei vibrano come bongos in un centro sociale, le voci si intrecciano nell'aria imitando i corpi e sono di nuovo preda iniziatica dell'edonismo più irrefrenabile. Ma non dura molto, si spegne di nuovo la luce e stavolta non sento nulla, la mia mente si illumina d'un flashback spaventoso… le mie serate ad ascoltare musica, i miei tramonti, la mia luna di madreperla, le mie lacrime marine, i catadiottri e i prismi appoggiati sul davanzale del domani… è tutto lì per un attimo, prima che ricominci la luce, l'amplesso. Non so mettere fine a quel ritmo, a quell'ondata di testosterone ed endorfine, i muscoli sono ormai impazziti, come soggiocati a un piacere più interessante della volontà stessa. Sento di essere il dio che avevo cercato, l'antitesi di Iside, dea della fertilità smodata; ho qualcuno in cui credere finalmente dopo tanti anni di ateismo convulso. Eppure qualcosa in me implora di essere ascoltato, c'è un'imperfezione latente. Mi sento come quegli investigatori dei film americani che osservano una scena registrata, mille volte su uno schermo cercando il dettaglio risolutore, l'indizio che li conduca al colpevole e così è come se un'impercettibile immagine si fosse ancorata nel mio subcosciente senza riuscire ad emergere dalla moltitudine; so che è lì ma non riesco a individuarla. La mia strada attende un abbaglio indicatore ma il mio corpo percorre solo curve già studiate ed esplorate, è come morire urlando di gioia.

Mi sento un frammento di Karma Police, la mia volontà vaga su righi consunti in chiave di sol e capisco che il senso di tutto questo non è nelle parole e nel volto di lei come non è nell'amplesso catartico che mi sconvolge; il vero senso sono io, sono i miei dubbi parossistici e il mio destino é la soluzione degli enigmi che sconvolgono la mia testa. Così mi trovo a chiedermi semplicemente il senso di quello sguardo di quelle parole e trovo una risposta tra i fumi confusi di nicotina e condensato che alito incessatemente e quella risposta è semplice; così semplice da apparire idiota: lei. E' lei la mia risposta e nel fumo eiaculato, nel senso disperso di quelle ondate di sesso lei appare come l'illuminazione di Siddharta; semplice e plurima allo stesso tempo; il volto di tutte quante quelle donne è sempre e solo il suo – solo la voce mi sfuggiva e ora risplende stentorea a indicarmi quella via che avevo smarrito nel mattino: "il tuo volo sono io"…

ultima modifica: 2005-09-04T23:08:25+02:00da cat_stevens
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