3: Violenza

L’impossibile è avvenuto. Ricordo ancora un episodio della mia adolescenza, lo accettai giustificandolo con una natura pacifica e non violenta ma dentro me, ancora rimorde. E poi quella parola… “vigliacco”, riecheggia insieme all’immagine di me ragazzino. Giocavo per strada, un pallone nuovo di zecca. La mia bisnonna me lo regalò, su di esso capeggiava la scritta “Tango”. Era tirchia ma volle fare un’eccezione, per un attimo dimenticò i patimenti e gli stenti della guerra e decise di buttare diecimila lire per il suo pronipotino. Era quasi un peccato sporcarlo con il nero dell’asfalto e delle pedate ma un regalo è bello quando si utilizza e lo portai con me. I miei amichetti neanche lo degnarono di nota, l’essenziale è invisibile agli occhi diceva un mio amico, e quel pallone nella sua veste fiammante era essenzialmente elastico. Tanto bastava perché rimbalzasse una meraviglia. Ero in porta, si giocava “alla tedesca” e nessuno si accorse che all’altro capo della strada faceva capolino il terrore. Non era la prima volta che ci faceva visita, più massiccio di noi ma soprattutto più idiota di un rutto. Non ci volle che un attimo, “para ‘sto tiro”. Che potevo fare, mi preparai a fare la mia dignitosa figura di merda. Sapevo che non avrei nemmeno visto la palla ma non fu sufficiente a prepararmi, dietro di me tuonò un rumore impressionante. Credo che l’idiota sapesse, pur senza conoscere la fisica, che le forze impulsive sono tanto più intense quanto minore è la superficie di contatto, usò la punta del piede per schiantare una pallonata tuonante che per fortuna non mi colpì o ci avrei lasciato il naso e un paio di sopracciglia sopra. Rise rumorosamente, prese il pallone, ringraziò “ciao stronzetti” e sparì com’era arrivato. Non mi abbandona ancor’oggi la sensazione d’impotenza e umiliazione che mi gelò attraverso gli sguardi dei miei amici. Con questo scenario in mente, background sfocato dell’immediato ieri, rivedo quel che succedeva l’altra sera al Genius. Leo, Don, io e l’imprevisto. Entrò nel locale e sulla fronte aveva scritto “cercasi punch ball”, nell’immediato retro “affittasi materia grigia”.  Scelse me come volontario e io scelsi lui per strappare una foto ingombrante del mio passato. Non mi accorsi nemmeno di ciò che successe, penso gli specialisti usino il termine raptus per queste occorrenze. Due pugni, uno alla bocca dello stomaco, l’altro su per il naso. Due soli pugni per ridurre a cadavere ciò che prima era un ammasso di ormoni più una frazione d’anima. Un po’ del suo naso cozzò con quel pezzo di cervello che la natura gli aveva parsimoniosamente elargito. Leo non ebbe neanche il tempo di fermarmi, come poteva? Non avrebbe mai potuto aspettarsi nulla del genere. Don si fece il segno della croce, l’istinto primordiale dell’uomo e del prete si riunì in un solo gesto, dopodiché mi spianò il naso con un pugno, più tardi avrei capito perché. Poi… pochi minuti o forse più di quanti ne contasse la mia inedia e vidi un telo sul cadavere e qualche poliziotto che presto mi avrebbe riempito di domande. La mia fortuna fu l’avere due amici accanto e nessun nemico attorno. Nessun testimone: legittima difesa. Ecco spiegato il pugno. Quindici anni di repressione erano tracimati abbattendo gli argini di tutti i miei valori più marcati. I miei amici furono scossi per qualche tempo ma la loro mente trovò ingegnose soluzioni al mistero della violenza e, pensando a un istinto di sopravvivenza o un esaurimento nervoso, entrambi liquidarono la pratica. In realtà, io avevo finalmente rimosso un ricordo spiacevole, avevo praticato un po’ di sana psicoterapia a mezzo transfert, quel cadavere poteva chiedermi una parcella se avesse avuto modo di riscuoterla. Gliela pagai comunque, un mazzo di fiori sulla sua tomba porta la scritta “un anonimo amico”. Beffe del destino o ironia macabra, poco importava. Avevo conosciuto l’altra faccia del mio destino.

3: Violenzaultima modifica: 2010-09-09T11:24:35+02:00da cat_stevens
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “3: Violenza

I commenti sono chiusi.